Non tossire in faccia a tuo fratello!
Non dargli i bacini sulle manine, ché poi le mette in bocca!
Lavati le mani prima di accarezzarlo!
Sono sempre stata dell'idea che i bambini debbano farsi anticorpi e non vivere sotto una campana di vetro, ma di fronte al Piccolo D, nato prematuro e poi ricoverato per una brutta bronchiolite, ho dovuto rivedere un po' la mia filosofia di vita: anticorpi liberi sì, ma aspettiamo di passare almeno i primi mesi di vita.
Ma come spiegarlo al Piccolo T? Come fare in modo che i divieti avessero un senso e non fossero puri e semplici divieti? Come spiegargli che con un semplice contatto col fratello avrebbe potuto trasmettergli una malattia, se il veicolo della malattia è così piccolo da non vedersi a occhio nudo?
Mini racconta la vita dei microbi con un linguaggio chiaro e semplice, ma sempre rigoroso.
Semplifica, ma senza per questo sviare dalla realtà scientifica dei fatti.
Le parole di Nicola Davies fanno divulgazione con i toni del racconto, affascinando senza mai annoiare, e si intrecciano alle illustrazioni di Emily Sutton senza essere didascaliche, ma creando un gioco tra parola e disegno che rende la lettura ancora più coinvolgente.
Si comincia parlando di animali grandi e piccoli, per spiegare che i microbi sono infinitamente più piccoli dell'animale più piccolo che conosciamo.
Si continua spiegando che i microbi possono essere molto diversi tra loro, per forma, funzione e dimensione, e che oltre ai microbi che trasmettono le malattie ce ne sono altri che svolgono compiti importanti, come riciclare i rifiuti o trasformare il cibo.
E si spiega infine come si moltiplicano, questi microbi: dividendosi e dividendosi fino a diventare tantissimi (e come sbarrava gli occhi, il Piccolo T, guardando quella pagina piena di questi minuscoli disegni!). E anche se uno solo era troppo piccolo per essere visto, forse milioni di microbi uno vicino all'altro... ehi, questo mi ricorda qualcosa: un esperimento fatto alle medie con la mia indimenticabile prof di scienze.
Conoscete la capsule di Petri?
Sono dei contenitori che in genere vengono riempiti con uno speciale "terreno" gelatinoso in cui far crescere i microbi, appunto. Si usano in laboratorio proprio perché i microbi da soli sono molto difficili da vedere, mentre invece se si moltiplicano a sufficienza è più semplice riconoscerli.
Alle medie ne avevamo prese alcune per provare a fare una coltura in classe: era stato un esperimento affascinante. Chissà che non si possa ripetere a casa.
Sì, ma dove la trovo la capsula di Petri con il terreno da coltura?
La costruisco, è ovvio!
Così, cerca di qua e googola di là , ecco la ricetta.
Servono:
- un bicchiere d'acqua
- 12g di gelatina o, meglio ancora, un cucchiaio di Agar Agar*
- due cucchiai di zucchero
- un dado da brodo (i microbi non sono schizzinosi: non serve la gallina vecchia)
- le piastre di Petri oppure dei contenitori di plastica con il coperchio, tipo Tupperware
- delle etichette.
* l'Agar Agar sarebbe da preferire, sia perché la gelatina tende a sciogliersi con il calore, sia perché alcuni batteri tendono a liquefarla. In effetti, al termine del nostro esperimento, nelle capsule si era formato un po' di liquido.
Se si usano dei contenitori, meglio sterilizzarli prima facendoli bollire in acqua, in modo da evitare contaminazioni (si fa scienza seria, qui!).
Poi, si fa bollire il bicchiere d'acqua e si sciolgono al suo interno lo zucchero, la gelatina e il dado.
Si versa nei contenitori (meglio filtrare, altrimenti reseteranno visibili, come è successo a me, le impurità del dado) e si mette in frigorifero per un giorno a solidificare.
E ora, via all'esperimento!
Prendete vostro figlio, appena tornato a casa dopo un pomeriggio di gioco. Fategli strofinare leggermente le dita sulla gelatina di una delle capsule e copritela (potete usare i coperchi del contenitore, ma è meglio chiudere con della pellicola trasparente, per vedere l'evoluzione della coltura. Abbiate cura comunque di sigillare bene il contenitore per evitare contaminazioni).
Etichettate questa capsula con la scritta:
MANI SPORCHE.
Ora, ri-prendete vostro figlio, lo stesso di prima, e fategli lavare accuratamente le mani con il sapone, strofinando bene. Poi fategli strofinare i polpastrelli sul secondo contenitore, copritelo ed etichettatelo:
MANI PULITE.
Siccome mi avanzava della gelatina, ho aggiunto un terzo recipiente, quello "di controllo" (ok, è un po' presto per spiegare nei dettagli il metodo scientifico al Piccolo T, ma l'ho fatto per me).
Ora, riponete i contenitori in un luogo non troppo caldo per qualche giorno. Andate a verificare di tanto in tanto l'andamento della vostra coltura.
Dopo cinque giorni, questo era l'aspetto del nostro contenitore "mani pulite" (nel cerchio rosso, l'unica colonia che si è sviluppata):
E questo, invece, era il contenitore "mani sporche", che abbiamo esaminato con una lente d'ingrandimento:
(Per la cronaca, se ve lo state chiedendo, la capsula "di controllo" era perfettamente pulita).
Mi raccomando, dopo l'esperimento buttate via le gelatine contaminate, lavatevi bene le mani e lavate molto bene i contenitori (se possibile sterilizzateli di nuovo)!
E se vostro figlio vi chiede di comprare un animaletto da compagnia, no: i microbi non valgono (e i gatti di polvere, invece?).