"Mamma, immagina se adesso tiro un calcio e il pallone finisce sulla luna!"
"Papà , hai visto? Ho bevuto tanto che tra poco scoppio come una bomba d'acqua"
Tra tutte le figure retoriche, l'iperbole è forse quella che i bambini padroneggiano meglio, quella che più si adatta alla forma della loro immaginazione, la più diretta e immediata.
Credo sia per questo, e non solo per il tema scatologico che è sempre particolarmente gradito dai piccoli, che ha avuto un grande successo la serie di Francesco Pittau e Bernadette Gervais che comprende Le cacche del coniglio e Le puzze dell'elefante, ripubblicati oggi da Il Castoro in una nuova edizione (che non utilizza più il Comic Sans come la precedente: grazie, grazie, grazie Il Castoro!), sempre con la traduzione di Silvia Pareti.
La semplicità e il candore di questi albi sono quasi disarmanti: le storie procedono con una medesima struttura, capace di cogliere con precisione le attenzioni dei bambini grazie alla cura del ritmo narrativo, dello stile illustrativo e, naturalmente, dell'argomento principale, un vero evergreen.
L'arco narrativo dei due albi, dicevo, è praticamente sovrapponibile: prima viene presentato l'animale con la sua caratteristica iperbolica (il coniglio che fa tantissime cacche, l'elefante che fa tantissime puzze), poi vediamo gli amici del protagonista che, stufi delle conseguenze di queste azioni, lo isolano, e infine si riuscirà a trovare non soltanto una soluzione, ma anche un lato positivo all'eccesso di cacche e di puzze, in un clima sempre allegro e giocoso.
Due albi sulla resilienza? Sull'accettazione delle peculiarità delle
persone? Forse, ma prima di tutto due albi esilaranti, in cui il bambino
viene catturato dalla serenità e dal sorriso spensierato di questi
protagonisti che producono montagne di cacche e sollevano le lenzuola con la forza delle loro puzze.
In conclusione: preparatevi a una lettura condita e interrotta da matte risate, mentre aspettiamo che Il Castoro ripubblichi anche La pipì della zebra e Il moccio dell'ippopotamo, perché di schifezze con cui ridere, qui, non ce n'è mai abbastanza.