Prendere in mano un albo di Oliver Jeffers è come ascoltare una nuova canzone di un cantante che si conosce bene: vi si ritrovano melodie, atmosfere, perfino un lessico che ci danno una sensazione familiare, come di qualcosa di già sentito, in cui riusciamo a riconoscerci, ma sappiamo sempre trovarci quell'elemento che fa scoccare una scintilla nuova.
E così, anche in Come tornare a casa, edito da poco da Zoolibri, troviamo moltissimi fil rouge dell'artista nordirlandese, a cominciare dal protagonista: lo stesso bimbo di Chi trova un pinguino e di Come trovare una stella. Che sia proprio lui medesimo lo sospettiamo dal suo aspetto, dall'abbigliamento, dalla sua barchetta tirata in riva al mare, ma il sospetto diventa certezza quando nella sua casetta troviamo come ospite, in un simpatico cameo, una nostra vecchia conoscenza.
Ritroviamo anche il desiderio di viaggiare ed esplorare, l'incontro con qualcuno con cui si fatica a comunicare, la nascita di un'amicizia: temi cari a Jeffers raccontati con la delicatezza dei suoi acquerelli che sono un po' fumetto e un po' poesia.
La storia va così: il bambino trova un aeroplano nel sottoscala e decide di farsi un giretto. Anche questo è un fil rouge di Oliver Jeffers: i suoi mondi seguono logiche bambine, in cui un aereo può nascondersi in un sottoscala e un bambino lo può pilotare, sempre più su, fino alla luna.
Ma sulla luna il carburante finisce, e inizia a paura di trovarsi da soli in un luogo sconosciuto. Paura che dura poco, però, perché anche un marziano è finito con la sua navicella in panne proprio sulla luna.
Come riusciranno il bimbo e il marziano a tornare a casa? E come faranno, da pianeti lontani, a conservare la loro amicizia?
L'impossibile, per Oliver Jeffers, è solo un'avventura a portata di immaginazione. A noi non resta che goderci il viaggio.