Avete una figlia femmina, diciamo entro i dieci anni? Allora chiudete gli occhi e immaginate di pescare a caso un indumento dal suo guardaroba: quante possibilità ci sono che abbiate trovato un unicorno?
Se tornate indietro di qualche anno, diciamo a quando eravamo piccoli noi (sì, ho detto "qualche" anno: quantità indefinita), di unicorni nemmeno l'ombra. Iniziavano ad affacciarsi tra i Miominipony, e per il resto se ne stavano rintanati in pochi romanzi fantasy.
Cos'è successo nel frattempo? La moda. Quello strano fenomeno che si muove a ondate, proprio come quell'altro fenomeno là che purtroppo conosciamo bene. Ecco: possiamo affermare di trovarci in una piena pandemia di unicorni.
A ironizzare sulla cosa, arriva il genio di Gilles Bachelet (sul blog avevamo già parlato di Il cavaliere Panciaterra), con Una vacanza da unicorni.
L'albo, edito da Terre di Mezzo, si apre con un unicorno che, circondato da gadget, premi e riconoscimenti, apprende dalla TV che la sua era è finita. Di chi mai sarà la moda ora? Chi potrà ma aver scalzato un essere mitologico, con un corno che sembra una bacchetta magica, il corpo da principesco cavallo bianco e la criniera arcobaleno?
Bachelet unisce un po' di ingredienti irresistibili: pelo morbido, orecchie a forma di cuore, corpo rotondo da criceto, due grandi occhi azzurri. È il loviuciù!
È così che gli unicorni vengono spediti in una sorta di casa di riposo, che però non è un luogo dove spegnersi lentamente negli anni della vecchiaia, ma soltanto una collocazione temporanea, in attesa della nuova ondata della moda che li riporterà in auge.
Una vacanza da unicorni ha una trama, certo: i loviuciù subiranno la stessa sorte degli unicorni, e poi ci sarà anche un mistero da svelare (a proposito: il mistero finale coinvolge un laboratorio di esperimenti in cui gli animali vengono incrociati tra loro - panda con ali di fenicottero - alla ricerca di nuove mascotte. È tutto molto giocoso ma la cosa potrebbe impressionare gli animi più sensibili).
Ma come spesso accade negli albi di Bachelet, ciò che lo rende unico è il brulicare di dettagli, situazioni e citazioni che esplode dalle illustrazioni.
Mentre la voce legge, l'occhio si perde nel ricco e sontuoso (e un po' kitsch) arredamento delle stanze, nel susseguirsi di attività proposte agli ospiti di Villa Tranquilla, nella varietà degli ospiti stessi, nella ricerca dello sketch comico che si nasconde tra una scena e l'altra: un unicorno si siede in piscina su una ciambella a forma di fenicottero rosa, il fenicottero galleggia su a quella a forma di unicorno (e la ciambella del riccio, vi lascio immaginare che fine fa).
E poi, le citazioni: in Bachelet i riferimenti ad altre opere costituiscono una stratigrafia che abbraccia generazioni e registri tra i più diversi, in modo da offrire qualcosa di gratificante da scovare a tutte le età e per tutti i gusti.
Si va dai riferimenti più pop e infantili (i Pokemon) al cinema (l'hotel di Shining), dalle emoji all'arte di Johannes Vermeer e Jacques-Louis David.
C'è anche un epilogo meta-letterario, in cui Bachelet in persona ci mette lo zampino.
Evviva la moda pop degli unicorni, allora, se ispira i grandi autori e la loro ironia.