Quante volte vorremmo dare una sbirciata alle vite degli altri?
Quante volte abbiamo la tentazione di giudicarle, o la presunzione di conoscerle?
Quante volte vorremmo provare a viverle, anche solo per un momento?
Con I miei vicini (edito in Italia da Editrice Il Castoro con traduzione di Giusy Scarfone) Einat Tsarfati ci fa – letteralmente – sbirciare nelle vite degli altri, solleticando la nostra curiosità e la nostra meraviglia.
La piccola protagonista del libro vive in un palazzo di sette piani. La vediamo tornare a casa e subito notiamo la diversità delle cassette della posta, che dovrebbero darci qualche indizio sui loro proprietari.
Mentre sale le scale, la bambina si sofferma davanti a ogni porta, ne evidenzia le caratteristiche e spiega chi vive lì dietro.
È splendido l'alternarsi di pagine essenziali, dove la porta spicca sullo sfondo bianco, e pagine brulicanti di dettagli, che ci mostrano invece la vita all'interno dei diversi appartamenti.
Dietro la porta piena di serrature ci sono i ladri, circondati da ricchezze e opere d'arte, una rustica porta di legno con un battiporta a testa di leone nasconde invece il vecchio cacciatore, che ha ricostruito in casa una vera e propria giungla e vive in compagnia della sua tigre domestica.
Solo la famiglia della protagonista è una semplice, banalissima e normalissima famiglia come tutte le altre. O forse no? L'albo riserva ai lettori una buffa sorpresa finale.
Dopo una prima lettura, incalzati dalla curiosità della trama, è impossibile non soffermarsi a indagare i tanti dettagli che si nascondono nelle case dei vicini, scoprendo le loro peculiari abitudini, come quelle della famiglia circense, il cui bambino tosta il pane sputando fuoco.
L'affollamento di oggetti e situazioni dà a queste "case degli altri" un fascino che riempie gli occhi e stimola l'osservazione.
A completare il gioco di scoperta, una piccola sfida: quella di trovare, in ogni pagina, il piccolo Bernie, il criceto della protagonista, del quale vediamo gli annunci di smarrimento fuori dal palazzo.
Non è chiaro se le case dei vicini siano effettivamente così o se le loro immagini nascano piuttosto dalla fertile fantasia della bambina, che ricostruisce nella sua mente quello che non può vedere. Non ha importanza: sbirciare nelle case di I miei vicini ha il fascino della risposta a un bisogno umano, quello di scoprire ciò che si nasconde oltre i confini fisici o mentali che non possiamo attraversare.
Confini che, con allegria e colore, sono ben rappresentati già dalla copertina, dove la porta socchiusa e monocromatica separa due spazi distinti: il dentro e il fuori, il sé e l'altro.
Io e i miei vicini.
Quante volte abbiamo la tentazione di giudicarle, o la presunzione di conoscerle?
Quante volte vorremmo provare a viverle, anche solo per un momento?
Con I miei vicini (edito in Italia da Editrice Il Castoro con traduzione di Giusy Scarfone) Einat Tsarfati ci fa – letteralmente – sbirciare nelle vite degli altri, solleticando la nostra curiosità e la nostra meraviglia.
La piccola protagonista del libro vive in un palazzo di sette piani. La vediamo tornare a casa e subito notiamo la diversità delle cassette della posta, che dovrebbero darci qualche indizio sui loro proprietari.
Mentre sale le scale, la bambina si sofferma davanti a ogni porta, ne evidenzia le caratteristiche e spiega chi vive lì dietro.
È splendido l'alternarsi di pagine essenziali, dove la porta spicca sullo sfondo bianco, e pagine brulicanti di dettagli, che ci mostrano invece la vita all'interno dei diversi appartamenti.
Dietro la porta piena di serrature ci sono i ladri, circondati da ricchezze e opere d'arte, una rustica porta di legno con un battiporta a testa di leone nasconde invece il vecchio cacciatore, che ha ricostruito in casa una vera e propria giungla e vive in compagnia della sua tigre domestica.
Solo la famiglia della protagonista è una semplice, banalissima e normalissima famiglia come tutte le altre. O forse no? L'albo riserva ai lettori una buffa sorpresa finale.
Dopo una prima lettura, incalzati dalla curiosità della trama, è impossibile non soffermarsi a indagare i tanti dettagli che si nascondono nelle case dei vicini, scoprendo le loro peculiari abitudini, come quelle della famiglia circense, il cui bambino tosta il pane sputando fuoco.
L'affollamento di oggetti e situazioni dà a queste "case degli altri" un fascino che riempie gli occhi e stimola l'osservazione.
A completare il gioco di scoperta, una piccola sfida: quella di trovare, in ogni pagina, il piccolo Bernie, il criceto della protagonista, del quale vediamo gli annunci di smarrimento fuori dal palazzo.
Non è chiaro se le case dei vicini siano effettivamente così o se le loro immagini nascano piuttosto dalla fertile fantasia della bambina, che ricostruisce nella sua mente quello che non può vedere. Non ha importanza: sbirciare nelle case di I miei vicini ha il fascino della risposta a un bisogno umano, quello di scoprire ciò che si nasconde oltre i confini fisici o mentali che non possiamo attraversare.
Confini che, con allegria e colore, sono ben rappresentati già dalla copertina, dove la porta socchiusa e monocromatica separa due spazi distinti: il dentro e il fuori, il sé e l'altro.
Io e i miei vicini.