"Un romanzo malvagiamente scritto e ignominiosamente illustrato dall'autrice": già il sottotitolo in copertina dice molto su questo irresistibile romanzo.
NB: questo post contiene link affiliati. Cliccando sul link e facendo un acquisto su Amazon, riceverò una piccola percentuale. Il vostro prezzo di acquisto resterà invariato. La mia opinione sul libro, invece, è mia e basta, e non ha nulla a che fare con le commissioni. ;)
Non è certo una novità editoriale, La famiglia Sappington: la prima edizione in lingua originale è del 2008, quella italiana (per Il castoro) del 2009, ma ve ne voglio parlare perché è uno di quei romanzi a mio avviso imperdibili per la qualità della scrittura e dell'umorismo.
A casa nostra lo abbiamo letto in lettura condivisa e ci siamo dovuti fermare spesso (più di quanto non sia accaduto con qualsiasi altro libro, credo), perché letteralmente piegati in due dalle risate.
L'unico avvertimento che mi sento di dare è: tenetevene alla larga se cercate storie con una morale, storie "per bene", storie corrette (ma fanno davvero ridere, quelle?). In La famiglia Sappington il livello di cinismo è elevatissimo, e perdipiù trasmesso con una naturalezza e un aplomb molto british, che è la cifra stilistica principale di tutto il libro.
Non farebbe così ridere se i suoi aspetti caricaturali e paradossali fossero raccontati con incredulità e stupore. No: l'aspetto più divertente è il tono compassato e neutro della magistrale Lois Lowry (reso in modo molto efficace dalla traduzione di Pico Floridi) mentre racconta episodi di una cattiveria indicibile.
Forse più che continuare a descrivere, vale la pena di fare un esempio.
All'inizio del romanzo i Sappington trovano una neonata abbandonata fuori dalla porta di casa.
"Vorrei tenerla", disse Jane con una vocina timida. "È carina"
"No, non è affatto carina", disse Bernabò A, guardandola.
"Non è carina per niente", confermò Bernabò B.
"Ha i ricci", indicò Jane.
La madre scrutò la bambina; poi infilò la mano nel cesto da lavoro con la lana beige che teneva sul tavolo dell'ingresso. Tirò fuori uun paio di forbicine dorate e le provò, aprendole e chiudendole alcune volte, con aria pensierosa. Poi si piegò sulla cesta e cominciò a tagliare.
"Adesso non ce li ha più i ricci", commentò, e mise via le forbici.
Jane fissò il bebè. Improvvisamente smise di piangere e la fissò con gli occhi spalancati. "Oh, no. Senza i ricci non è più carina", disse Jane. "Mi sa che adesso non la voglio più".
La famiglia Sappington è costituita da due genitori che sognano di disfarsi dei propri figli, e quattro figli che sognano di disfarsi dei genitori, naturalmente gli uni all'insaputa degli altri, e tutto questo genererà una serie di avventure e di intrecci avvincenti ed esilaranti, ma soprattutto di dialoghi cinici, arguti e spiazzanti.
I genitori arrivano al punto di non ricordare i nomi dei figli, o di infastidirsi all'idea che i due gemelli pretendano di avere un maglione a testa, anziché uno condiviso.
Questo disprezzo reciproco, così radicato da diventare caricaturale, ha anche qualcosa di catartico, perché in qualche modo catalizza, ridimensiona e sdrammatizza tutti quei pensieri negativi che inevitabilmente genitori e figli fanno l'uno nei confronti dell'altro. La famiglia Sappington è un libro straordinario da leggere ad alta voce, forse anche per questo motivo.
Dal romanzo è stato tratto anche un film di animazione, che prende il nome dal titolo originale, "La famiglia Willoughby": una pellicola gradevole ma che a mio parere non riesce a esprimere lo humour della scrittura di Lois Lowry. Fa ridere, insomma, ma in modo più sguaiato e meno elegante, facendo diventare a tratti le caricature delle macchiette.
Come accade quasi sempre, "era meglio il libro".