Penso di averlo già detto, ma lo ribadisco: credo che non ci sia niente di cui non si possa parlare con un bambino, a patto che si usi il messaggio corretto in base all'età .
Tenere lontani i bambini dalla morte, pensando di proteggerli dal dolore, è sbagliato. Lo dicono persone che hanno studiato la psicologia dell'età evolutiva, ma a ben pensarci lo dice il buon senso stesso.
Il fatto è che la morte fa parte della vita e che non possiamo sapere quando un bambino la dovrà affrontare, e allora è meglio non escluderla dai discorsi, dalla quotidianità e nemmeno dalle storie. Il mio consiglio (che in realtà è il consiglio di una psicologa che avevo ascoltato a un corso di Nati per Leggere) è quello di non aspettare che i bambini vivano un lutto per parlargliene, e questa credo si possa considerare una regola universale.
Resta molto personale, invece, la scelta dell'approccio che si desidera dare al tema: più o meno religioso, scientifico, materiale. Io, come ho detto altrove, amo pensare alla morte come a qualcosa che lascia un segno nel ricordo di chi resta. Come mi ha detto un giorno una persona saggia, per farmi una carezza in un momento di grave lutto personale: "Le persone che non sono più con noi, le abbiamo perse. Ma prima di questo, le abbiamo avute".
Volevo raccogliere in questo post una piccola rassegna di libri dedicati al tema della morte.
Per farlo, inizio da un libro che non è nuovo, ma non ho mai recensito.
Si tratta decisamente di un libro a tema, un libro "fatto per" parlare di morte ai bambini, ma ho molto apprezzato la sua delicatezza e il tipo di messaggio che dà .
L'albero dei ricordi racconta la storia di Volpe, della sua morte e del ricordo che resta in chi l'ha amata.
Volpe aveva avuto una vita lunga e felice, ma ormai era molto stanca.
E così, nel suo bosco, si addormenta per sempre. È una morte dolce, serena, naturale, in uno scenario ovattato dalla caduta della neve.
Pur nel freddo inverno, la prosa e le immagini di Teckentrup, vive nei colori e nette nei contorni, eppure così morbide, trasmettono un forte calore.
E così gli animali che hanno conosciuto Volpe iniziano a ricordarla, in una sorta di lunga veglia funebre. E man mano che raccontano qualche storia su di lei, un albero arancione cresce e si fa grande e forte: è l'albero dei ricordi menzionato nel titolo. È la vita che vince la morte nel ricordo di chi abbiamo amato.
Ecco: è questa l'immagine della morte che cerco di dare ai miei figli.
In modo simile (ma vagamente più astratto e letterario, meno "a tema"), anche in
L'ultimo canto di Pablo Albo, forse il mio albo preferito su questo argomento, la morte è vista come un'eredità immateriale, rappresentata in questo caso da un talento (quello del canto) che il vecchio gallo ha trasmesso al figlio, che ora canta per onorarlo e ricordarlo, ma anche per prendere il suo posto nel villaggio. Trovate
qui la mia recensione.
E poi c'è la morte come lutto, come difficoltà per chi resta.
In un albo dalle immagini bambine (con il genio di Oliver Jeffers) ma dal sentire adulto, come Il cuore e la bottiglia, la morte non è raccontata, ma evocata da una poltrona improvvisamente vuota, e la protagonista, rimasta sola, mette il cuore in una bottiglia per non soffrire più.
In un racconto fortemente metaforico e delicato, attraversiamo il lutto insieme alla protagonista, fino a uscirne. Ne avevo parlato qui.
Ci sono poi albi che sulla morte ci riflettono, anche se non è la morte a cui siamo abituati.
Bertolt, di Jascques Goldstyn, è un albero, ed è lui a morire. Ma non è un albero qualsiasi: è il migliore amico del piccolo protagonista, che con la natura attorno a sé ha un rapporto molto stretto.
Attraverso questa morte, il bambino conosce un nuovo aspetto della vita e della natura, ma troverà il modo di celebrare la vita (qui la mia recensione).
E quando la morte mette fine a un lungo rapporto d'amore?
Lo racconta Piccolo sonno di Alessandro Riccioni e Francesca Ballarini, visualizzando la morte come qualcosa di piccolo e inoffensivo: un dolce uccellino, che aiuterà un anziano a rivedere la moglie scomparsa.
Ci sono anche albi e libri di narrativa dedicati alla morte di un animale domestico: ad esempio Il gattolaio, di Stella Nosella ed Evelise Obinu (qui la recensione), in cui un bambino non si rassegna e vorrebbe riavere il suo gattino perduto.
Oppure, Olle, di Guus Kuijer, un intenso ritratto del cane di questo sensibile autore, sospeso tra il quotidiano e il paranormale (il cane parla davvero?), per lettori autonomi dai 7-8 anni. Qui la mia recensione.
E per un target ancora un po' più maturo, dai 10 anni, c'è I tre funerali del mio cane, di Guillaume Guéraud, sospeso tra tristezza ed ironia (e qui trovate la mia recensione).
Non deve far paura, la morte. È triste, ma non è un tabù, non è innominabile, non è inenarrabile.
Basta raccontarla nel modo giusto, al momento giusto.