L'ironia è una qualità che ho sempre apprezzato molto, negli altri e anche in me stessa (perché mica è semplice riuscire sempre ad applicarla alla vita!).
Amo l'ironia anche, forse soprattutto, in quei contesti in cui entra con più difficoltà , dove impone un doppio registro, dove sorprende.
Amo l'ironia nella poesia, dove può fare un graffio dal quale le emozioni entrano più facilmente.
La traccia (link affiliato), albo d'esordio di Tassi per Il Barbagianni, unisce uno spirito poetico o quantomeno filosofico sulla vita a una sorprendente vena umoristica e... scatologica.
A raccontare la storia in prima persona è Arturo, un cane amato e che vive una vita serena, ma che all'improvviso inizia a sentire che gli manca qualcosa, che la realtà del quartiere, sempre uguale a se stessa, gli sta stretta. Inizia così un viaggio rocambolesco e ricco di avventure che presto diventano assurde, tanto sono incredibili.
Sullo sfondo, resta l'istinto canino, che è quello di annusare le tracce (che, come spiega Arturo nell'iperbolica tavola iniziale, è come per gli umani leggere il giornale).
Già , perché, lo notiamo dalla postura inequivocabile, la "traccia" è proprio quella, e Arturo la depone nei posti più impervi e impensati, possibilmente ripidi e appuntiti.
La dolcezza di questo protagonista ingenuo e sognatore, il coraggio di inseguire il suo sogno, il registo poetico e filosofico di questa storia si mescolano quindi a una vena comica irresistibile, per cui leggendo si passa continuamente dall'ammirazione alla risata, dall'ispirazione al divertimento.
Dovremmo essere tutti un po' Arturo, nella vita: lasciare le nostre tracce, senza prenderci troppo sul serio.