La cosiddetta sospensione dell'incredulità , quel contratto implicito tra il testo narrativo e il suo fruitore che gli consente di mettere in pausa lo spirito critico ed entrare in un mondo dotato di leggi proprie, è una facoltà molto ben allenata nei bambini. Riescono ad accenderla e spegnerla molte volte in pochissimo tempo, un po' come fanno quando scoprono l'interruttore della luce, e sono perfino capaci di mantenere il pulsante a metà .
L'avventura di leggere Ellen e il leone, piccolo capolavoro di Crockett Johnson, efficacemente tradotto da Sara Saorin per Camelozampa, trova la sua chiave proprio in quell'interruttore e nelle diverse posizioni che solo un bambino sa dargli.
Raffinato cantore dell'immaginazione infantile, dopo aver descritto con Harold e la matita viola e gli altri albi della serie la facoltà di creare mondi giocando, ora si sposta sul piano del gioco simbolico, del "facciamo che ero", del sentimento animista dei bambini che dona una coscienza agli oggetti e ai pupazzi.
Ellen sembra proprio "sorella" di Harold, nel tratto grafico inconfondibile di Johnson ma anche nella sua capacità di isolarsi in un mondo fantastico in cui nessun altro può entrare: per tutto il libro compaiono soltanto lei e il leone di pezza con cui gioca (con qualche breve incursione di altri pupazzi).
Per prima cosa, Ellen gli dà voce: lo racconta il primo dei dodici racconti di cui è composto il libro, "Conversazioni e canzoni".
"Hai una voce profonda, così buffa!"
"Trovo che la mia voce assomigli incredibilmente alla tua" disse il leone.
e poi:
"Non possiamo cantare tutti e due assieme?" chiese Ellen.
Il leone ci pensò su.
"Non credo che potremmo", rispose. "Tu ci riesci?"
C'è sempre qualcosa che resta sul piano del non-detto, in cui si esprime la potenza narrativa di questa raccolta: l'autore non rivela mai esplicitamente che è Ellen a dare vita al leone di pezza con la propria immaginazione, ma lo insinua continuamente, e proprio questo gioco di inferenze diventa la cifra narrativa principale dei racconti.
Il sottinteso dà infatti all'opera una dimensione contemporaneamente umoristica e poetica: se da un lato sorridiamo notando gli indizi che ci suggeriscono che l'anima del leone sia Ellen stessa, dall'altro la labilità dei confini tra realtà e fantasia ci mantiene sospesi in un mondo fuori dal tempo e dalla logica, un microcosmo di sogno in cui riconosciamo l'essenza stessa del gioco.
E così il leone viaggia in Arabia sul trenino giocattolo di Ellen, diventa un paziente sotto le mani di Ellen-dottore, e con i suoi occhi di bottone controlla che dietro Ellen non ci siano le Cose che al buio le fanno paura.
Gioco e realtà , ruoli veri e fittizi si intrecciano continuamente, e quell'interruttore tra reale e immaginario continua ad assumere tutte le posizioni possibili e anche qualcuna impossibile, mentre la bella prosa di Crockett Johnson ci porta ancora una volta in un mondo così fantastico da diventare autentico.