Ci sono mille leggende su come nascono i bambini: sotto un cavolo o portati dalla cicogna, influenzati dalla luna nuova o piena. Non ci sono molte storie, però, su come nasca un genitore.
Forse è perché succede da adulti, e si pensa che gli adulti non abbiano più bisogno di storie. O forse perché si pensa che le storie debbano essere per forza delle storie inventate.
Quello di cui vi parlo oggi non è un libro per bambini. E in un certo senso non è nemmeno un libro per genitori, o meglio, non per genitori qualunque.
Un bimbo mi aspetta parla soprattutto a chi un bimbo lo ha nel cuore, ma non ancora a casa sua.
Un bimbo mi aspetta è il diario di un'adozione. Un diario reale, di un papà reale, che ha adottato una bimba reale.
Ve lo devo dire: Arnaldo, il papà che ha scritto questo diario, è uno dei miei amici più cari, e la storia di questo libro un po' l'ho vissuta anch'io, dai suoi racconti, dalle sue emozioni. Arnaldo è una persona incredibile, un vulcano di idee e di iniziative, ma soprattutto un uomo dalla sensibilità profonda e mai banale (no, non lo sto promuovendo sul mercato: è felicemente sposato!).
Sulla pagina Facebook ha iniziato a raccogliere i suoi pensieri sul percorso che stava affrontando.
Lo ha fatto come se parlasse a quel bimbo (una bimba, si è poi scoperto) che stavano aspettando, o meglio: che stava aspettando loro.
Sì, perché è questo il ribaltamento di prospettiva che fa Arnaldo: parla dell'adozione non come un'attesa del genitore, ma come quella di un bambino.
Il bambino esiste già , è già nato. Ed è solo, da qualche parte nel mondo, ad aspettare due genitori che possano dargli una famiglia.
La cicogna, immagine-simbolo del libro, non porta il solito fagottino neonato, ma mamma e papà .
Arnaldo parla alla bambina con grande emozione, o forse sarebbe meglio parlare di emozioni al plurale.
C'è l'impazienza dell'attesa, l'amore verso la famiglia, la rabbia di scontrarsi (in ordine sparso) contro la burocrazia, le procedure, la natura che non funziona come dovrebbe, le domande dei conoscenti, le cure, gli speculatori.
Il testo è una valanga di pensieri e di emozioni, attraversa ritmi e toni di voce diversi.
È poetico quando parla del suo amore per la moglie, scherzoso quando insegna qualche cosa a Mia, come se fosse lì accanto a lui con i mille "perché" di ogni bambino, allusivo quando racconta, senza troppi dettagli, il percorso della fecondazione artificiale.
Ed è magico, sempre, perché se c'è una cosa che traspare da questo libro è che sia necessario credere alle favole per farle avverare.
In queste pagine, Arnaldo parla a Mia, ma si firma solo "papà ": è un papà , uno qualsiasi, che racconta alla sua figlia adottiva tutto quello che ha fatto, e soprattutto quello che ha provato, per averla.
Un bimbo mi aspetta è un libro sull'essere genitori adottivi, ma in fondo, sull'essere genitori e basta.
Forse è perché succede da adulti, e si pensa che gli adulti non abbiano più bisogno di storie. O forse perché si pensa che le storie debbano essere per forza delle storie inventate.
Quello di cui vi parlo oggi non è un libro per bambini. E in un certo senso non è nemmeno un libro per genitori, o meglio, non per genitori qualunque.
Un bimbo mi aspetta parla soprattutto a chi un bimbo lo ha nel cuore, ma non ancora a casa sua.
Un bimbo mi aspetta è il diario di un'adozione. Un diario reale, di un papà reale, che ha adottato una bimba reale.
Ve lo devo dire: Arnaldo, il papà che ha scritto questo diario, è uno dei miei amici più cari, e la storia di questo libro un po' l'ho vissuta anch'io, dai suoi racconti, dalle sue emozioni. Arnaldo è una persona incredibile, un vulcano di idee e di iniziative, ma soprattutto un uomo dalla sensibilità profonda e mai banale (no, non lo sto promuovendo sul mercato: è felicemente sposato!).
Sulla pagina Facebook ha iniziato a raccogliere i suoi pensieri sul percorso che stava affrontando.
Lo ha fatto come se parlasse a quel bimbo (una bimba, si è poi scoperto) che stavano aspettando, o meglio: che stava aspettando loro.
Sì, perché è questo il ribaltamento di prospettiva che fa Arnaldo: parla dell'adozione non come un'attesa del genitore, ma come quella di un bambino.
Il bambino esiste già , è già nato. Ed è solo, da qualche parte nel mondo, ad aspettare due genitori che possano dargli una famiglia.
La cicogna, immagine-simbolo del libro, non porta il solito fagottino neonato, ma mamma e papà .
Arnaldo parla alla bambina con grande emozione, o forse sarebbe meglio parlare di emozioni al plurale.
C'è l'impazienza dell'attesa, l'amore verso la famiglia, la rabbia di scontrarsi (in ordine sparso) contro la burocrazia, le procedure, la natura che non funziona come dovrebbe, le domande dei conoscenti, le cure, gli speculatori.
Il testo è una valanga di pensieri e di emozioni, attraversa ritmi e toni di voce diversi.
È poetico quando parla del suo amore per la moglie, scherzoso quando insegna qualche cosa a Mia, come se fosse lì accanto a lui con i mille "perché" di ogni bambino, allusivo quando racconta, senza troppi dettagli, il percorso della fecondazione artificiale.
Ed è magico, sempre, perché se c'è una cosa che traspare da questo libro è che sia necessario credere alle favole per farle avverare.
In queste pagine, Arnaldo parla a Mia, ma si firma solo "papà ": è un papà , uno qualsiasi, che racconta alla sua figlia adottiva tutto quello che ha fatto, e soprattutto quello che ha provato, per averla.
Un bimbo mi aspetta è un libro sull'essere genitori adottivi, ma in fondo, sull'essere genitori e basta.