"Il calzolaio ha sempre le scarpe rotte", si suol dire. Chi fa qualcosa per lavoro, spesso dimentica di farlo a se stesso.
Vale anche per Babbo Natale?
Mac Barnet ipotizza così, nell'albo Il primo Natale di Babbo Natale, (link affiliato) illustrato da Sydney Smith e portato in Italia da Terre di Mezzo con la traduzione di Sara Ragusa: Babbo Natale, a quanto pare, non festeggiava il Natale.
Per lui si trattava di una giornata lavorativa (anche piuttosto pesante) al termine della quale si riposava, semplicemente. Sono gli elfi a scuoterlo, accompagnandolo in un nuovo rituale che va dagli addobbi all'attesa del regalo (ma chi sarà a fare il regalo di Natale a Babbo Natale?).
E quando Babbo Natale legge una storia, alla luce del camino acceso, il contrasto creato dal fuoco, che rende luminosi i contorni, fa passare il calore dalla pagina direttamente alla pelle del lettore.
In molte cose (l'atmosfera, le dinamiche tra i protagonisti, il desiderio di raccontare una parte di storia che non si vede) Il primo Natale di Babbo Natale mi ha ricordato il pur diversissimo Lettere da Babbo Natale (link affiliati, tutti e due) di John R. R. Tolkien. Chissà se Mac Barnett si è ispirato alle sue storie.
Più di ogni cosa, però, questo albo, così delicato e ricco di calore, mi ha fatto pensare a quanto noi adulti il Natale lo riusciamo ormai a sentire poco. Presi dalle scadenze lavorative, non sappiamo più goderci l'attesa. Siamo Babbi Natale che non hanno ancora imparato a festeggiare.
Siamo Babbi Natale che forse si meritano di farsi un regalo: fermarsi un po' e sedersi a leggere un buon libro, come questo.
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