Sarà per lo stile delle illustrazioni di F.J. Tripp, per il protagonista bambino ma in grado di viaggiare e cavarsela da solo come fosse un adulto, per la curiosa varietà dei personaggi umani e non umani, per la mole del libro che, a dispetto del target (dai 5 anni in lettura condivisa, dai 7-8 in lettura autonoma) è piuttosto corposo, ma Robbi, Tobbi e il vonapè di Boy Lornsen mi ha ricordato molto Pluk (vi ricordate di Pluk, vero?).
In realtà, sia dal punto di vista concreto sia da quello stilistico i due titoli non hanno molto in comune: autori e illustratori sono diversi, tedeschi nel caso di Robbi, Tobbi e il vonapè, olandesi nel caso di Pluk, e lo snodarsi della storia lascia al lettore sensazioni molto differenti.
Ma quella del libro di narrativa "lungo" per un target più basso di quanto ci si aspetterebbe è una scommessa che Lupoguido continua a vincere, anche grazie alla ricerca di testi adatti, alla cura editoriale, alle traduzioni efficaci e piacevoli di Valentina Freschi.
Robbi, Tobbi e il vonapè è un libro multiforme, con un incipit fulminante, sia per la scrittura, sia per l'idea di fondo, e una struttura che nel suo dipanarsi non sempre sa tenere elevati ritmo e attenzione.
L'idea, dicevo, ha qualcosa di semplice e di incredibile al tempo stesso. Tobbi, il protagonista, è un bambino inventore, che ha progettato il Vonapè, un veicolo in grado di volare (vo), navigare (na) e andare su strada, suonando il clacson (pè). Se siete come me curiosi delle scelte linguistiche nei libri, il nome originale di questo veicolo è Fliewatüüt: mi sembra quindi una traduzione ben azzeccata, anche nel tono.
Nell'incipit, l'autore si rivolge direttamente al lettore (non accadrà più nel resto del libro) con uno stile particolarmente schietto e divertente (anche questo resterà confinato a questo incipit):
"In questa storia, le cose si fanno tecniche. Non posso farci niente. Comunque non così tecniche da diventare incomprensibili. Se sapete qualcosa di tecnica, bene! Se non ci capite niente, va bene lo stesso: imparerete tutto man mano che la storia procede."
In realtà non ci sarà poi molto di tecnico, o meglio: sarà un tecnico decisamente sui generis, perché il Vonapè va a succo di lampone e (come scopriremo poi) a olio di balena.
Sì, perché qui arriva la grande idea del libro: il Vonapè non è solo un progetto, ma esiste davvero.
Il robot Robbi atterrerà nel prato di Tobbi proprio con il veicolo che il bambino aveva progettato. Qui il libro aggancia davvero il piccolo lettore, che di sicuro nella sua vita avrà disegnato o costruito con i mattoncini centinaia di veicoli fantasiosi, e si sarà certamente chiesto "come sarebbe se diventassero veri?".
Robbi si presenta come un "robot di terza": va infatti alla scuola per robot e ha costruito il Vonapè, copiando il progetto di Tobbi, per un proprio compito. Ed è proprio per portare a termine le missioni per il suo esame scolastico che il robot coinvolgerà Tobbi in un viaggio alla ricerca di un faro giallo e nero, dei misteri di un castello triangolare e così via.
L'idea di un "robot di terza elementare" fa tenerezza e contribuisce a umanizzare il personaggio. In generale, Robbi, Tobbi e il vonapè ha tutte le premesse per coinvolgere il lettore in un meccanismo di rispecchiamento e poi portarlo con sé lontano, lontanissimo.
Sì, perché Robbi, Tobbi e il vonapè è un libro di viaggio e di avventura, che ci porta in Groenlandia e in Scozia facendoci conoscere gentili guardiani di fari, allegri eschimesi, delfini e topini parlanti, un celebre mostro del lago e persino il simpatico fantasma di un vecchio castello: una carrellata fantasiosa e curiosissima, per bambini che amano correre con l'immaginazione, ma che non sembra andare molto a fondo nella psicologia dei singoli personaggi, nel costruire un legame con loro o nella loro evoluzione.
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