Capita spesso nelle fiction che un personaggio comprimario risulti così simpatico da meritarsi un prodotto narrativo tutto suo.
È così che Caro maestro balena, scritto da Megumi Iwasa e illustrato da Jun Takabatake, e edito da Lupoguido con traduzione di Maria Elena Tisi, è un sequel ma più che altro uno spin off di Caro giraffa, caro pinguino, fresco e originale romanzo di cui vi avevo parlato qui.
Se è vero infatti che in questo seguito ritroviamo i personaggi a distanza di qualche anno dai fatti narrati nel primo volume, a colpire ancora di più è forse il cambio di focus, che ora punta dritto dritto su maestro Balena, che ci aveva conquistato nel primo volume con la sua saggezza, ma ancor più per la sua capacità di svicolare quando non trovava risposta alle sue domande.
In Caro maestro balena lo ritroviamo in pensione: ha passato il testimone al suo ex allievo Pinguino. Balena però si annoia e, memore dell'amicizia nata tra Giraffa e Pinguino, anche lui invia lettere casuali sperando di fare nuove conoscenze.
Non è del tutto casuale, però, la prima lettera che riceve in risposta: è di Balino, un cucciolo di balena originario proprio della sua terra.
Da lì a organizzare un incontro è un attimo, e Balino esprime anche il desiderio di ripristinare a Capo delle Balene i giochi olimpici dei quali suo nonno parlava tanto.
Caro maestro balena perde una certa inguenua freschezza del primo volume, quel gusto di scoperta dell'altro attraverso un rapporto epistolare. E nonostante sia un volume che si può leggere in modo autonomo, c'è la sensazione che alcuni dettagli di Caro giraffa, caro pinguino siano stati inseriti un po' a forza, ad uso dei fan (il ruolo di Giraffa, ad esempio, è poco più di un cameo).
Tuttavia il nuovo volume trova una sua chiave e una sua identità nella rappresentazione dello sport.
I giochi olimpici di Capo delle Balene si rivelano una perfetta panoramica di tutto ciò che rappresenta il lato buono dello sport: l'impegno per la vittoria, ma anche la consapevolezza che nessuno vada lasciato indietro, e la rinuncia a un trofeo per aiutare chi è in difficoltà .
È una logica del merito che non si scontra con il rispetto degli altri e il sostegno ai più deboli, ma anzi ne trae orgoglio e gioia.
Mentre a poco a poco riscopriamo la storia di Capo delle Balene, seguiamo la crescita dei personaggi (soprattutto se abbiamo già letto il primo libro) e ci divertiamo a conoscere i nuovi nomi (tra Baleano, Balenondo, Baleardo e altre variazioni sul tema, per le quali faccio un plauso alla traduttrice – chissà com'erano in lingua originale), viviamo anche il vero senso dello sport: l'amicizia, la competizione leale, la partecipazione, nel senso più ampio che possiate immaginare.
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