C'è uno strano fenomeno nei bambini più piccoli: da un lato percepiscono come sé anche quello che non lo è, come quando pretendono che l'adulto di riferimento sia a loro completa disposizione; dall'altro estromettono parti di sé, vivendole come altro da sé.
"Non sono stato io, è stata la mia mano", è la scusa che mi sono sentita dire più volte dopo che un oggetto era finito per terra.
È così anche in Tom e Pippo combinano un guaio, il primo della serie di albi di Helen Oxenbury dedicati a questi due protagonisti che Camelozampa ha riportato in Italia dopo una lunga assenza, con l'efficace traduzione di Sara Saorin, nella collana per piccolissimi curata da Silvia Blezza Picherle e Luca Ganzerla.
Pippo è la scimmietta di pezza di Tom: una figura inanimata sulla quale il piccolo proietta però i propri pensieri.
E così, quando Tom, che vuole imitare il suo papà in tutto, prende il pennello e dipinge il muro proprio come aveva fatto lui, la colpa ricade sul pupazzo:
Comunque è stato Pippo a dirmi che dovevamo aiutare il papà, Allora mi sono dovuto arrabbiare con lui.E il ditino alzato di Tom ricalca esattamente quello con cui il padre lo aveva sgridato poco prima, in perfetta sintonia con il suo gioco simbolico.
In poche pagine, Tom e Pippo combinano un guaio racconta moltissimo: momenti di vita quotidiana e momenti più insoliti, i gesti del bimbo che segue il padre in ciò che e poi quelli rivolti alla scimmietta Pippo, in cui è il bambino a farsi padre a sua volta. La semplicità di questo albo nasconde meccanismi cognitivi ed emozionali che dimostrano la profonda conoscenza che la Oxenbury ha dei bambini, in un libro tutto da maneggiare.
Pur non essendo cartonato, Tom e Pippo combinano un guaio ha una copertina rigida e un formato decisamente grande rispetto al contenuto, con pagine resistenti dai bordi stondati: sembra nato per finire nelle mani di un piccolo, per lasciarsi esplorare come Tom esplora la vita, insieme a Pippo, dando ogni tanto la colpa a lui qundo ne combina una delle sue.
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