Crescere significa imparare che i mostri più pericolosi spesso sono i più vicini a noi, e a volte si trovano perfino dentro di noi.
La lettura di Sono Vincent e non ho paura ci trattiene in questa dimensione interiore, come intrappolati in una gabbia. Lo fa con il suo contenuto ma anche e soprattutto con la sua forma, le soluzioni grafiche, il ritmo della lingua.
È buio.
Questo l'incipit del romanzo, scritto da Enne Koens e illustrato da Maartje Kuiper, tradotto per Camelozampa da Olga Amagliani. Un'affermazione semplice che ha dentro un mondo, e che viene rafforzata da una soluzione grafica abbastanza spiazzante: il primo capitolo, una sorta di flash-forward che ci porta verso la fine della storia, è infatti scritto con caratteri bianchi su un fondo nero su cui spicca uno sguardo, forse impaurito.
La prosa è sincopata, fatta di frasi brevi che si susseguono l'una all'altra. Anche quando il protagonista descrive il mondo attorno a sé, resta fortissima la sensazione di essere proprio dentro di lui.
Vincent, l'undicenne protagonista del romanzo, è il classico bambino solitario con una grande passione (l'esplorazione e la sopravvivenza nella natura) e con due mostri da combattere: il gruppo di bulli della scuola e la sua paura di denunciarli. Nella sua solitudine, Vincent dialoga con quattro animali immaginari: uno scoiattolo, un verme, un cavallino e un coleottero, presenze un po' surreali che lo accompagnano lungo tutta la narrazione.
La prosa è una lunga cronaca di ciò che gli succede: l'arrivo di una nuova compagna di classe da cui nascerà un'amicizia salvifica, gli atti di bullismo, l'attesa per il campo scuola, l'organizzazione di un "piano di fuga", per cavarsela da solo, nel bosco, lontano dalla civiltà e dai bulli che gli fanno del male.
Vincent è intrappolato: dai suoi compagni bulli, dalla paura di reagire e dalla vergogna che gli impedisce di raccontare tutto ai genitori o all'insegnante. È intrappolato dentro se stesso, nel mondo che ha costruito per sé. Nella prosa, i dialoghi reali si accavallano senza soluzione di continuità con quelli interni con i suoi animali immaginari. Tutto è filtrato dal suo sentire, dal suo progettare una fuga, dalla sua impotenza di fronte agli eventi.
E così anche il lettore si ritrova intrappolato insieme a lui, dentro i suoi pensieri.
Il periodare rapido e spezzato ci fa respirare insieme a lui in modo ansioso, mai rilassato, fino alla conclusione (finalmente più serena). Insieme a Vincent, anche noi siamo sempre all'erta.
Ironica e straniante appare così la suddivisione in capitoli, che sembra quasi distaccarsi dal resto del romanzo.
Il testo è infatti interrotto da pagine decorate con fregi verdi, quasi leziosi, che riportano serafici elementi naturali e un brano dal tono asettico tratto dal libro preferito di Vincent, un manuale di sopravvivenza. L'indicazione temporale che fa da titolo ai capitoli è scandita però come un conto alla rovescia verso il campo scuola, e chi ha letto quelle prime pagine nere, quella prolessi in cui sentiamo Vincent fuggire impaurito, sa che quel conto alla rovescia non porta a nulla di buono.
Questo intervento di inversione temporale che costruisce la suspense del romanzo è il solo elemento di "regia" esterna nella storia di Sono Vincent e non ho paura, che resta altrimenti saldamente ancorato all'interiorità del protagonista.
Gli stessi separatori dei capitoli, con il contrasto tra la scrittura asettica, le decorazioni gradevoli e quel conto alla rovescia, ci mantengono dentro il clima narrativo, facendoci vivere il contrasto stesso che vive Vincent tra il desiderio di avventura e la paura di affrontare i propri antagonisti.
Quell'avventura di sopravvivenza che tanto aveva agognato, Vincent riuscirà a viverla, e anche se non sarà esattamente come se l'aspettava, porterà in lui un percorso di crescita, forse atteso per chi legge il romanzo, ma ugualmente confortante per chi ha condiviso con Vincent tante complicate emozioni.
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