La prima cosa che si nota di questo libro è anche ciò che più ne caratterizza la cifra stilistica.
Presto, presto, presto! è un esempio da manuale di come la sostanza, a volte, stia quasi tutta nella forma.
Non è tanto la trama, infatti, a comunicare, in questo albo di Clotilde Perrin edito da Franco Cosimo Panini, quanto la struttura fisica dell'albo e la grafica con cui sono impaginate le parole.
Presto, presto, presto! è prima di tutto un libro larghissimo: 30 cm per soli 11,5 di altezza. Aperto, è una sottile striscia lunga più di mezzo metro.
Cosa comunicano queste proporzioni? Uno spazio da attraversare, di cui si fatica a vedere la fine, ma anche una linea temporale, quella in cui si muove il protagonista (ma potrebbe essere anche una protagonista).
La forma, dicevamo: non si tratta solo della forma del libro, ma anche di quella della prosa, fatta di un lungo periodo, incalzante, impaginato tutto su un'unica riga, in cui in prima persona si descrive una corsa contro il tempo.
Non c'è, come accade di solito, un adulto a dettare i tempi. Non c'è conflitto generazionale.
Qui è il protagonista ad avere fretta, a inanellare una dopo l'altra, senza lasciare respiro (neanche al lettore!) tutte le azioni necessarie.
La catena del percorso si fa via via più improbabile, e così dal quotidiano (la casa, la strada, l'autobus il cui autista suona il clacson per districarsi nel traffico) si passa allo straordinario, con una barca e infine un aereo, sul quale però, per un soffio, il protagonista non riesce a salire. Dove sarebbe dovuto andare? Non lo sapremo mai, non ha importanza.
Qui l'albo cambia passo, si trasforma nel suo opposto. Pur mantenendo una prosa essenzialmente paratattica, fatta di un unico, lungo elenco, l'impaginazione del testo invita a una lettura più lenta.
Mentre il protagonista, non più trascinato dall'urgenza, riscopre i dettagli del mondo attorno a sé, ripercorrendo al contrario la strada verso casa, il lettering si fa più leggero e meditativo.
Le parole si appoggiano sugli oggetti che indicano, prendono la forma del loro movimento, si sparpagliano sulla pagina facendo vagare l'occhio qua e là, così come il bambino vaga ora nel mondo, senza più correre, assaporando ogni cosa.
La lunga linea del tempo riscopre la lentezza, e con essa la meraviglia.
PS: quel po' di conflitto generazionale tra tempo adulto e tempo bambino, assente nell'albo, lo troviamo, dolce e ironico, nella dedica, in realtà una citazione della figlia dell'autrice:
Smettila di dirmi di sbrigarmi,
non ho ancora finito di giocare!
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