Ma questo cos'è? Un graphic novel o una fiaba? Un volume serio ed elegante o un fumetto ironico? Un albo per bambini o un racconto per ragazzi?
Forse non è un caso se Mule Boy e il Troll dal cuore strappato, di Øyvind Torseter, è uno dei primi titoli di una collana dal nome "Trasversale Beisler", perché la sua identità è sicuramente obliqua rispetto ai soliti canoni, e in questo suo sfuggire alle definizioni si rivela decisamente contemporanea.
Iniziamo dall'inizio, cioè dalla copertina: elegante nella sua costa a contrasto e impreziosita da fregi dorati, sembra un volume miniato. Nell'illustrazione al centro, però, la sua identità di fumetto emerge prepotentemente, con un font gotico ed espressivo e quel protagonista, Mule Boy appunto, che è un ibrido tra umano e animale, minimale nei tratti, che richiamano altri personaggi del fumetto a partire dai Mumin di Tove Jansson.
All'interno, dopo i risguardi zeppi di personaggi, troviamo una pagina che ricorda i vecchi libri di fiabe, e infatti inizia con "C'era una volta". La storia di
Mule Boy e il Troll dal cuore strappato nasce infatti dalla reinterpretazione di una tradizionale fiaba norvegese, a cui Øyvind Torseter ha aggiunto strati ineffabili di arte, ironia e contrasti.
L'avventura di Mule Boy è piuttosto classica nel suo dipanarsi: il ragazzo, ultimo di sette figli, parte per salvare i fratelli da un terribile troll, e salverà anche una principessa. In questo viaggio troviamo mandanti, aiutanti, donatori, oppositori, nel rispecchiamento della più tradizionale morfologia della fiaba.
Tuttavia l'elemento che più emerge nella lettura non è la trama ma la sovrapposizione di stili, sia iconici che verbali.
Ci fa sorridere, in un contesto dai toni epici, la figura del cavallo fifone che cerca scuse per non mettersi in pericolo.
E i due personaggi principali, Mule Boy e la principessa, sembrano appartenere a codici figurativi lontanissimi tra loro: in lui vediamo le linee minimali e infantili del fumetto, in lei tratti espressivi dal forte richiamo artistico, nel suo profilo che sembra un Picasso.
E poi c'è il troll, con un codice ancora diverso: sfumato, abnorme nelle dimensioni quasi incompiuto nei tratti, come se volesse rappresentare la paura dell'ignoto e dell'incerto.
L'intero graphic novel è insomma un affascinante sovrapporsi di suggestioni e contrasti che costruiscono una sfumatura di fascino difficile da afferrare coscientemente ma che lascia tracce più a fondo e ci conduce, tra storie di astuzie, inganni e coraggio fino a un finale, lieto e favolistico, ma con una sfumatura adulta:
vissero per sempre perlopiù felici e contenti.
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