"È Toy story!" mi hanno detto in coro il Piccolo T e il Piccolo D quando ho letto loro questo albo per la prima volta.
E in effetti le somiglianze tra Quello Nuovo e il film della Pixar sono innegabili: entrambi vedono come protagonisti dei giocattoli animati, e in entrambi è ben presente il timore di non essere più amati dal bambino che li possiede.
In questa proposta di Editrice Il Castoro, la storia si arricchisce di un tema particolarmente importante per i bambini, ma soprattutto della bella prosa di Silvia Vecchini e delle espressive illustrazioni di Sualzo.
È Cavallino a dare la notizia a tutti: "Quello Nuovo è arrivato!".
I giocattoli pensano subito che si tratti di uno di loro, e cominciano a informarsi: non sarà mica più morbido della pecorella? o più forte dell'elefante? Non ruberà mica tutte le attenzioni di Bambino?
(Sì, Bambino, con la B maiuscola, come se fosse il suo nome proprio, perché per loro è lui, l'unico, il solo bambino).
Mentre il testo porta avanti l'equivoco, senza forzature e con molta naturalezza (Quello Nuovo in realtà si rivelerà essere il fratellino di Bambino, e quindi per i pupazzi un compagno di giochi in più), le immagini ci trasportano dentro la storia con inquadrature dal gusto cinematografico, che risaltano l'anima dei giocattoli che si fanno bambini.
Il punto di vista è il loro, dal basso: un punto di vista tipico dell'infanzia.
Di Bambino, i giocattoli vedono solo i piedi, o le grandi braccia, quando li raccoglie: un po' gli stessi dettagli che entrano nel campo visivo di un bambino quando guarda un adulto.
Ed è proprio questo scambio di punti di vista ad emozionare, nella lettura di questo albo che ci parla di timori, curiosità e accoglienza di un nuovo arrivato. Non si parla del rapporto fra fratelli (anzi, si dà quasi per scontato che quello sarà importante, così importante da mettere a rischio i pupazzi), ma si inserisce un terzo elemento che ne assorbe le emozioni.
Nel gioco delle parti, i giocattoli sono bambini, e il bambino è un adulto di cui si desiderano le attenzioni. Il lettore si sente compreso proprio perché non è a lui che ci si rivolge, quasi a dire che certe sensazioni, quando arriva "quello nuovo", sono molto più universali di quanto crediamo.
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