Edito da Camelozampa e dedicato a Greenpeace, L'erbaccia ha innanzitutto l'impronta di Blake, che per me è prima di tutto l'illustratore di Roald Dahl, e già da questo tratto mi aspetto dunque una storia con una certa portata di irriverenza, o perlmomeno di umorismo.
L'immagine con cui si apre il libro, poi, con una buca profonda che penetra la pagina dall'alto in basso, mi riporta alle illustrazioni di Klassen in Sam e Dave scavano una buca, e le mie aspettative corrono quindi a quel pizzico di nonsense che rende unico quel titolo.
Non so quali immagini e quali suggestioni avesse in mente Blake scrivendo questa storia, ma certamente l'effetto finale è curioso e spiazzante.
L'incipit vede la famiglia Dolciprati finita sul fondo di una buca, così, senza troppe ulteriori spiegazioni.
Uscirne è impossibile, ma decidono di mandare fuori l'unico di loro che può farlo: Octavia, il merlo indiano, che vola e torna con un seme, tra reminiscenze bibliche di colombe e arche di Noè.
Non inaspettatamente, il seme si fa pianta, e come il più classico dei fagioli magici (ancora un rimando!) trasporta la famiglia Dolciprati verso l'alto, e nella salita fa loro da letto, da cibo, da protezione.
In mezzo a tutti questi echi letterari, L'erbaccia intreccia una trama che non percorre un arco narrativo, ma più una retta: ostacolo e soluzione (la buca e la pianta) appaiono già nelle prime pagine, senza troppo contesto, e tutto il resto della storia ospita un lungo e ricco epilogo, che veicola un messaggio ecologista di natura benigna a cu affidarsi con serenità.
Tra tante citazioni che ce lo fanno sembrare un libro già noto, L'erbaccia spicca alla fine per la sua originalità, per il suo modo di spiazzare le aspettative del lettore avvezzo alle storie offrendogliene una insolita, dal fluire inaspettato.
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