Ecco una delle più misteriose contraddizioni dei bambini: sono maghi del caos, potenti generatori di disordine, eppure uno dei loro giochi preferiti è... mettere in fila ordinata i propri giocattoli.
Casa mia ha visto schierate file di pupazzetti che neanche gli Apple Store all'uscita degli iPhone, e code di macchinine che al Brennero se le sognano.
Dove vanno, cartonato di Cristina Petit edito da Pulce edizioni, pesca proprio da lì: da questa passione smodata per le code ordinate, e anche da quella per i veicoli e i loro diversi nomi, e da quella per le onomatopee.
Vediamo sfilare infatti diversi tipi di veicolo, uno dietro l'altro, ognuno col suo rumore caratteristico.
Il testo li nomina, uno ad uno, e le pagine proseguono così, accumulando un veicolo dietro l'altro, a volte ripetendoli, come se l'inquadratura si fosse spostata solo di poco, lasciando in scena uno degli elementi della pagina precedente, e ogni volta la pagina si chiude con lo stesso interrogativo: "dove vanno?".
L'elenco prosegue e cattura il bambino, un po' per tutti i rumori citati, un po' perché il piccolo lettore si diverte a puntare il dito e a riconoscere un veicolo dall'altro. Verso le ultime pagine, poi, l'inquadratura si allarga e quella che sembrava una strada si rivela lo schienale di un divano.
La nuova visuale cambia ogni prospettiva: i veicoli sono improvvisamente giocattoli, e finalmente capiamo perché sono tutti in fila.
Il rovesciamento riporta la narrazione a una dimensione nota e quotidiana: il libro segue in qualche modo lo stesso percorso compiuto dal bambino che, prima immerso nel suo gioco tanto da sostituirlo alla realtà, viene poi richiamato al proprio mondo e rompe così l'inganno della propria fantasia.
Così, ogni lettura ricalca la dinamica stessa del gioco, la dimensione in cui un bambino sa riconoscersi meglio.
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