Non so perché questa storia, che di natalizio non ha nulla, mi fa pensare al Natale.
Forse perché la protagonista è una pecora che si incanta a vedere una stella (anche se in effetti non si tratta di una cometa), forse è per i toni così magici delle illustrazioni, che mi fanno sentire nel bel mezzo di un presepe.
Invece Amelia, albo di Cristina Bellemo illustrato da Simona Mulazzani (Editrice Il Castoro), parla di identità, di libertà, di sogni, di autodeterminazione.
Amelia è una pecora come le altre. Oppure no?
Anziché limitarsi a brucare, Amelia si guarda attorno, si lascia meravigliare dalla natura. E così una notte si attarda, per guardare una stella, e resta chiusa fuori dal suo recinto.
Tutte le altre sono dentro.
Amelia è fuori.
È impaurita, Amelia. Lei conosce il giorno, ma non la notte.
Poi si fa forza, punta sulle sue risorse, sui suoi riccioli bianchi che la riparano dal freddo, e inizia ad esplorare. È così che scopre un mondo diverso, nuovo, meraviglioso, in cui le montagne sono gobbe di giganti e si può fare amicizia con un gufo.
Il mondo di Amelia è un mondo sinestetico; ogni sua scoperta, ogni sua sensazione, è accompagnata da un suono. Eplorando, la pecora scopre i suoni "fuori", ma anche quelli "dentro": nel silenzio della notte, sente per la prima volta il battito del proprio cuore.
Non è narrato in versi, Amelia, eppure è un testo pieno di poesia.
Il linguaggio stupito di Cristina Bellemo, fatto di parole semplici e di sfumature liriche, è intervallato da onomatopee che danno voce all'atmosfera notturna, in cui il minimo rumore sembra avere un'eco gigantesca.
Le scelte cromatiche e i tratti onirici delle illustrazioni di Simona Mulazzani sembrano integrarsi con queste parole, come parte di una sinfonia armonica. La sensazione è che l'albo trasmetta molto di più della semplice somma di parole e immagini.
Quando Amelia torna tra le sue compagne, non sarà la stessa, perché ha scoperto qualcosa che le altre non conoscono, qualcosa che è fuori ma anche dentro di lei, e che la rende diversa.
Amelia è una metaforica pecora nera, fuori dal gregge, ma la sua lana è bianchissima, e a distinguerla dalle altre non è il colore, ma lo sbocciare di fiori sul suo manto, segno di qualcosa che solo lei sa cogliere.
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