La storia della notte di Natale è una di quelle narrazioni talmente radicate nella nostra cultura da diventare spesso stereotipo.
Se pensiamo alla natività, ci viene in mente un'iconografia precisa, e storicamente del tutto inadeguata, con una Madonna bionda e San Giuseppe ritti in piedi o inginocchiati davanti al Bambinello. Quelle che vediamo nella nostra mente sono statuine di un presepe che ormai è archetipo, e difficilmente pensiamo alla concretezza, all'umanità della Sacra Famiglia.
Le parole raccontano semplicemente la cronaca di quella notte, con gli occhi però di un personaggio comprimario: San Giuseppe.
Con la pelle scura e abiti umili, San Giuseppe si sposta per dovere, per un censimento di cui non capisce il senso. Non sa che sta per diventare parte della storia dell'umanità.
Tutta questa strada per scrivere il mio nome.
Come se di noi rimanesse traccia.
Come se a qualcuno potesse interessare la nostra storia.
Così profondamente religioso da essere laico, il testo è pervaso da una forte spiritualità, pur senza mai nominare il nome di Gesù o di Dio.
Nelle immagini e nelle parole, vediamo dei protagonisti umani, increduli di fronte a ciò che accade loro.
Vediamo i gesti di affetto di un marito, che chiama Maria semplicemente "la mia sposa" e la guarda con affetto e tenerezza.
Quando il bambino viene al mondo, scende una grande pace.
Le sue sono le parole di un uomo semplice, ma le immagini che le accompagnano, nel respiro dato dal grande formato del libro, così brulicanti di vita, di foglie che si aprono come a primavera, di specie diverse che si avvicinano e osservano meravigliate, rendono bene lo stupore del Creato di fronte alla natività.
Il Natale è un evento privato, familiare, e al tempo stesso una festa che coinvolge il mondo intero.
Sono diventato papà.
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