Le fiabe di una volta non avevano molto riguardo per il lieto fine, e neanche per il politically correct.
Le fiabe di una volta sono ambientate in tempi antichi, con abitudini desuete, contesti in cui oggi non ci riconosciamo.
Le fiabe di una volta, però, hanno ancora molte cose da dirci.
L'abete di Hans Christian Andersen è del 1844, ma il protagonista che dà il nome al racconto ha un vizio modernissimo: aspettare una felicità che non arriva mai, perché non la sa riconoscere.
Da piccolo, l'abete vuole crescere, e invidia gli alberi più grandi di lui (non l'abbiamo vissuto un po' tutti, questo sentimento?).
Poi cresce, ma non gli basta: desidera essere decorato per festeggiare il Natale. E anche quando viene preso e portato in un ricco salone, ornato di dolciumi e candele, la realtà non tiene mai il passo delle sue aspettative, e si ritrova continuamente frustrato, ad aspettare qualcos'altro, fino alla sua misera fine.
Nella sua edizione curata da Le rane di Interlinea, L'abete è illustrato a china e acquerelli da Antonio Ferrara, che unisce un tratto stilistico vintage, con disegni limitati da cornici decorative, a delle espressioni facciali più moderne.
Il formato, ridotto ma impreziosito da una copertina rigida, lo rende un simpatico presente natalizio. Un regalo "classico", che come tutti i classici, pur lontano nel tempo, riesce a parlare di noi.
L'abete non esplicita palesemente la sua morale, pur lasciandola ben intendere in molti passaggi, come il dialogo tra l'abete e i topi, ai quali il protagonista racconta la propria storia:
Il mio augurio per questo Natale, allora, è che impariamo tutti a cogliere la magia nel nostro presente, a goderci la felicità proprio dove si trova: adesso.
Le fiabe di una volta sono ambientate in tempi antichi, con abitudini desuete, contesti in cui oggi non ci riconosciamo.
Le fiabe di una volta, però, hanno ancora molte cose da dirci.
L'abete di Hans Christian Andersen è del 1844, ma il protagonista che dà il nome al racconto ha un vizio modernissimo: aspettare una felicità che non arriva mai, perché non la sa riconoscere.
Da piccolo, l'abete vuole crescere, e invidia gli alberi più grandi di lui (non l'abbiamo vissuto un po' tutti, questo sentimento?).
Poi cresce, ma non gli basta: desidera essere decorato per festeggiare il Natale. E anche quando viene preso e portato in un ricco salone, ornato di dolciumi e candele, la realtà non tiene mai il passo delle sue aspettative, e si ritrova continuamente frustrato, ad aspettare qualcos'altro, fino alla sua misera fine.
Nella sua edizione curata da Le rane di Interlinea, L'abete è illustrato a china e acquerelli da Antonio Ferrara, che unisce un tratto stilistico vintage, con disegni limitati da cornici decorative, a delle espressioni facciali più moderne.
Il formato, ridotto ma impreziosito da una copertina rigida, lo rende un simpatico presente natalizio. Un regalo "classico", che come tutti i classici, pur lontano nel tempo, riesce a parlare di noi.
L'abete non esplicita palesemente la sua morale, pur lasciandola ben intendere in molti passaggi, come il dialogo tra l'abete e i topi, ai quali il protagonista racconta la propria storia:
La felicità del protagonista è sempre nei ricordi, o nella speranza di qualcosa di indefinito davanti a sé."Quante cose hai visto, abete" dissero "e come dovevi essere felice!""Io?" fece l'abete, ripensando a quel che aveva raccontato. "Sì, erano tempi felici"
Il mio augurio per questo Natale, allora, è che impariamo tutti a cogliere la magia nel nostro presente, a goderci la felicità proprio dove si trova: adesso.
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