Mi sono sempre chiesta perché l'orsetto sia considerato il peluche per eccellenza.
Probabilmente per il suo aspetto tenero, le proporzioni morbide, il muso tondeggiante: tutte caratteristiche che fanno venire voglia di abbracciarlo.
Non a caso in inglese esiste il termine "bear hug", "abbraccio da orso" (è quello che potremmo tradurre con "abbraccio caloroso", ma bisogna ammettere che la versione originale suona meglio).
La piccola protagonista di Il mio orso grande, il mio orso piccolo ed io, di Margarita Del Mazo e Rocio Bonilla (NubeOcho edizioni) di orsi ne ha due, "che è ancora meglio", e li porta con sé dappertutto.
La bimba, parlando in prima persona, sembra accompagnare il lettore con sé, alla scoperta della sua giornata. Una giornata di neve, di giacconi e berretti caldi: tutti elementi che, come un orso, abbracciano e proteggono.
Nelle grandi pagine, gli acquerelli tenui, bordati da segni delicati, infondono dolcezza e curiosità bambina verso il mondo.
Ad esclusione di un paio di tavole (tra cui quella finale, che svela l'identità dell'orso grande), il punto di vista è sempre quello della piccola, veicolato da inquadrature che spesso tagliano gli elementi troppo alti: quello dipinto è un mondo ad altezza bambino.
Il grande orso e il piccolo orso hanno entrambi un loro ruolo preciso, nella vita della bambina. Il grande è forte, protettivo, le fa scoprire il mondo dall'alto e i luoghi dove non potrebbe arrivare da sola.
Il piccolo la accompagna nelle sue avventure più "a terra", alla scoperta del bosco e dei piccoli animali.
Entrambi la supportano e la aiutano.
Ma anche il grande orso, ogni tanto, ha bisogno di lei.
Ed è in questo rovesciamento di ruoli che vediamo, attraverso gesto della bambina che porge al grande orso un berretto con le orecchie, che costui non è altri che il suo papà.
Un "papà-orso", ma non nel senso che intendiamo abitualmente. Il papà è orso perché abbraccia, perché entra con la bambina nel suo mondo fantastico in cui un animale selvatico non fa paura perché è soltanto un compagno di giochi.
Il mio orso grande, il mio orso piccolo ed io è un albo semplice, dolce e commovente, un modo per raccontare il rapporto padre-figlia in una chiave inedita.
Un regalo perfetto per un papà, da accompagnare con
Dopo aver dipinto di bianco il cerchio, lo si taglia a metà per ottenere le due orecchie.
Sulla parte arrotondata del rettangolo si disegna il muso dell'orso, poi si piega su se stesso la restante parte del rettangolo, praticando due tagli verticali sull'aletta che resterà esterna.
Si incollano quindi le orecchie e la striscia (le zampe) sul retro del biglietto.
Le estremità arrotondate della striscia si dovranno infilare nei due tagli, come se l'orso avesse le mani in tasca.
Questo consente di trasformare il biglietto in una busta, dentro la quale sarà possibile inserire un messaggio o una piccola caramella.
Così, il primo "abbraccio da orso" che il papà riceverà sarà il biglietto stesso. Per il secondo, però, provvedete dal vivo.
Probabilmente per il suo aspetto tenero, le proporzioni morbide, il muso tondeggiante: tutte caratteristiche che fanno venire voglia di abbracciarlo.
Non a caso in inglese esiste il termine "bear hug", "abbraccio da orso" (è quello che potremmo tradurre con "abbraccio caloroso", ma bisogna ammettere che la versione originale suona meglio).
La piccola protagonista di Il mio orso grande, il mio orso piccolo ed io, di Margarita Del Mazo e Rocio Bonilla (NubeOcho edizioni) di orsi ne ha due, "che è ancora meglio", e li porta con sé dappertutto.
La bimba, parlando in prima persona, sembra accompagnare il lettore con sé, alla scoperta della sua giornata. Una giornata di neve, di giacconi e berretti caldi: tutti elementi che, come un orso, abbracciano e proteggono.
Nelle grandi pagine, gli acquerelli tenui, bordati da segni delicati, infondono dolcezza e curiosità bambina verso il mondo.
Ad esclusione di un paio di tavole (tra cui quella finale, che svela l'identità dell'orso grande), il punto di vista è sempre quello della piccola, veicolato da inquadrature che spesso tagliano gli elementi troppo alti: quello dipinto è un mondo ad altezza bambino.
Il grande orso e il piccolo orso hanno entrambi un loro ruolo preciso, nella vita della bambina. Il grande è forte, protettivo, le fa scoprire il mondo dall'alto e i luoghi dove non potrebbe arrivare da sola.
Il piccolo la accompagna nelle sue avventure più "a terra", alla scoperta del bosco e dei piccoli animali.
Entrambi la supportano e la aiutano.
Ma anche il grande orso, ogni tanto, ha bisogno di lei.
Ed è in questo rovesciamento di ruoli che vediamo, attraverso gesto della bambina che porge al grande orso un berretto con le orecchie, che costui non è altri che il suo papà.
Un "papà-orso", ma non nel senso che intendiamo abitualmente. Il papà è orso perché abbraccia, perché entra con la bambina nel suo mondo fantastico in cui un animale selvatico non fa paura perché è soltanto un compagno di giochi.
Il mio orso grande, il mio orso piccolo ed io è un albo semplice, dolce e commovente, un modo per raccontare il rapporto padre-figlia in una chiave inedita.
Un regalo perfetto per un papà, da accompagnare con
un biglietto-orso
Per realizzarlo, servono tre ritagli di cartoncino: un rettangolo con un lato arrotondato, un piccolo cerchio, una striscia con i due estremi arrotondati.Dopo aver dipinto di bianco il cerchio, lo si taglia a metà per ottenere le due orecchie.
Sulla parte arrotondata del rettangolo si disegna il muso dell'orso, poi si piega su se stesso la restante parte del rettangolo, praticando due tagli verticali sull'aletta che resterà esterna.
Si incollano quindi le orecchie e la striscia (le zampe) sul retro del biglietto.
Le estremità arrotondate della striscia si dovranno infilare nei due tagli, come se l'orso avesse le mani in tasca.
Questo consente di trasformare il biglietto in una busta, dentro la quale sarà possibile inserire un messaggio o una piccola caramella.
Così, il primo "abbraccio da orso" che il papà riceverà sarà il biglietto stesso. Per il secondo, però, provvedete dal vivo.
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